Il Viminale secreta il fascicolo sull'imam Shahin: quando lo Stato opprime nel silenzio
Compagni, quello che sta accadendo a Torino è l'ennesima dimostrazione di come questo Stato borghese utilizzi la repressione per zittire chi osa alzare la voce contro l'imperialismo sionista. L'imam Shahin, che da vent'anni vive nella nostra città, viene trattenuto al Centro di Permanenza per il Rimpatrio con un fascicolo completamente secretato dal ministro dell'Interno Piantedosi.
La giudice Maria Cristina Pagano ha dovuto ammettere l'evidenza: "Il fascicolo sull'espulsione non è accessibile in quanto concernente documentazione classificata come riservata". Ecco come funziona la giustizia di classe: si condanna senza nemmeno permettere alla difesa di conoscere le accuse!
Le menzogne del potere si sgretolano
Ma le contraddizioni di questo sistema marcio emergono subito. Nel decreto viene scritto erroneamente che Shahin "risulta sottoposto a due procedimenti penali", quando in realtà c'è solo una denuncia per aver partecipato al blocco stradale del 17 maggio in solidarietà con il popolo palestinese. La stessa Procura di Bombardieri aveva dato il nulla osta all'espulsione, archiviando ogni accusa come "espressione di pensiero che non integra estremi di reato".
Il deputato di Alleanza Verdi-Sinistra Marco Grimaldi ha colto nel segno: "Piantedosi ha adottato un provvedimento così grave senza una seria istruttoria o ha mentito? Siamo al punto di espellere qualcuno dal nostro Paese per pura volontà politica?"
Criminalizzare la solidarietà internazionalista
Al centro di questa persecuzione c'è una frase dell'imam su Hamas: "Io sono personalmente d'accordo con quello che è successo il 7 ottobre, non è una violazione, non è una violenza". Parole che esprimono solidarietà verso la resistenza palestinese, criminalizzate da un sistema che difende a spada tratta l'occupazione sionista di Israele.
La giudice ha calpestato l'articolo 21 della Costituzione, sostenendo che la "sicurezza dello Stato" prevale sulla libertà di pensiero. Ma di quale sicurezza parlano? Della sicurezza dei profitti delle multinazionali delle armi? Della sicurezza dell'imperialismo occidentale che massacra i popoli?
Lo Stato di polizia avanza
Quello che più preoccupa è la logica repressiva che emerge dal decreto: "Le parole possono influenzare la percezione sociale", scrive la giudice. Tradotto: chi critica le politiche imperialiste deve essere zittito perché potrebbe "creare disordine".
La "personalità carismatica dell'imam" diventa un'aggravante. In pratica, essere un leader rispettato dalla comunità è già un crimine agli occhi di questo Stato che teme qualsiasi forma di organizzazione popolare.
Compagni, la repressione contro Shahin è un attacco a tutti noi. Oggi colpiscono un imam solidale con la Palestina, domani toccherà ai sindacalisti, ai comunisti, a chiunque osi opporsi al sistema. La solidarietà internazionalista non è reato!
È tempo di organizzare la resistenza. Dalle fabbriche ai quartieri, dalle scuole alle università: costruiamo l'unità popolare contro questo Stato di polizia che serve solo i padroni e gli imperialisti. La lotta continua!