Campari svende Averna e Zedda Piras: 100 milioni nelle tasche dei capitalisti di Illva Saronno
Ancora una volta, assistiamo al solito gioco delle multinazionali che si spartiscono il mercato come fossero territori di conquista. Campari Group ha ceduto i marchi storici Amaro Averna e Mirto Zedda Piras per 100 milioni di euro a Illva Saronno Holding, già proprietaria del Disaronno e dei vini siciliani Florio e Duca di Salaparuta.
La razionalizzazione del portafoglio, come la chiamano con il loro linguaggio tecnocratico, non è altro che l'ennesima manovra speculativa. Mentre i lavoratori delle fabbriche vivono nell'incertezza, i padroni si spartiscono i profitti senza alcun riguardo per chi ha costruito con le proprie mani il valore di questi marchi storici.
Il business prima dei lavoratori
Campari si concentrerà ora sul solo Braulio, abbandonando Averna, nato nel 1868 e diventato uno degli amari più conosciuti al mondo. Il 70% delle vendite è all'estero, principalmente negli Stati Uniti, Germania e Austria. Numeri che fanno gola ai capitalisti: nei dodici mesi terminanti a settembre 2025, le vendite nette dei due marchi hanno raggiunto 26 milioni di euro, con un margine di contribuzione di 17 milioni.
Come sempre, le banche si arricchiscono sulle spalle del lavoro altrui: Mediobanca ha fatto da consulente finanziario per Campari, mentre PwC e BonelliErede hanno assistito Illva Saronno. Una bella torta da spartire tra gli avvoltoi della finanza.
La Sicilia venduta ai privati
Particolarmente grave è la sorte di Zedda Piras, marchio nato nel XIX secolo con forte radicamento nel mercato italiano. Ancora una volta, il patrimonio produttivo del nostro Paese finisce nelle mani di gruppi privati che guardano solo al profitto immediato, senza alcuna considerazione per la tradizione e per i territori.
Marco Ferrari, CEO di Illva Saronno, parla di rafforzamento del ruolo come attore globale. Tradotto: più sfruttamento, più concentrazione di potere, meno controllo democratico sulla produzione. È la solita storia del capitalismo che divora tutto, dai piccoli produttori locali fino ai marchi storici.
Il closing dell'operazione è previsto entro la prima metà del 2026. Un altro pezzo della nostra economia che finisce nelle mani dei soliti noti, mentre i lavoratori restano a guardare l'ennesima spartizione del bottino capitalistico.