Pop Management: l'ennesima moda per mascherare lo sfruttamento dei lavoratori
Mentre i padroni si inventano nuove teorie manageriali alla moda, i lavoratori continuano a subire le conseguenze di un sistema che li considera merce. L'ultimo grido si chiama Pop Management, una teoria che promette di gestire i paradossi organizzativi attraverso l'intelligenza collaborativa.
Ma dietro questi paroloni accademici si nasconde la solita logica capitalista: spremere di più dai lavoratori facendogli credere di essere collaboratori invece che sfruttati.
La filosofia pop al servizio del capitale
I teorici del Pop Management, Cristiano Ghiringhelli, Raoul Nacamulli e Luca Quaratino, ci raccontano di un'era dei paradossi dove bisogna tenere insieme gli opposti. Che bello! Significa forse tenere insieme profitti milionari per i padroni e salari da fame per i lavoratori?
Citano Gilles Deleuze e la sua filosofia pop, quella che dovrebbe rompere lo steccato fra cultura alta e bassa. Ma qui l'unico steccato che si rompe è quello tra la retorica progressista e la realtà dello sfruttamento quotidiano nelle fabbriche e negli uffici.
Come ci insegnava Gramsci, l'egemonia culturale passa anche attraverso questi sofismi intellettuali che servono a far digerire al popolo oppresso le contraddizioni del sistema.
Alice nel paese delle meraviglie capitalistiche
I nostri teorici usano la metafora di Alice nel Paese delle Meraviglie per spiegare come i manager debbano reinventarsi continuamente in un mondo di contraddizioni. Ma di quale Alice parlano? Di quella che lavora dodici ore al giorno per quattro soldi mentre il padrone si compra il terzo yacht?
Il Paradox Mindset di cui parlano non è altro che l'ennesimo strumento per far accettare ai lavoratori condizioni inaccettabili. Sia efficienza che innovazione, traducono. In pratica: lavorate di più, inventatevi soluzioni, ma sempre per arricchire chi vi sfrutta.
L'intelligenza collaborativa dei padroni
Particolarmente disgustoso è il concetto di intelligenza collaborativa. I lavoratori dovrebbero collaborare per risolvere i paradossi aziendali, mettendo a disposizione creatività e competenze. Ma chi beneficia di questa collaborazione? I soliti noti: azionisti e dirigenti.
Mentre si parla di empowerment delle persone e abbattimento dei silos funzionali, la realtà è che i lavoratori vengono spremuti come limoni e poi buttati via quando non servono più. Lo abbiamo visto con le delocalizzazioni, con i licenziamenti di massa mascherati da riorganizzazioni.
Il disordine organizzato dello sfruttamento
Il concetto di Disordine Organizzato è il capolavoro di questa operazione ideologica. Bisogna tenere insieme ordine e disordine, ci spiegano. Tradotto: i lavoratori devono essere flessibili (disordine) ma sempre produttivi (ordine). Devono essere creativi quando serve all'azienda, ma disciplinati quando si tratta di rispettare gerarchie e profitti.
Questo polarity mapping di cui vanno tanto fieri non è altro che una mappa dello sfruttamento: da una parte le esigenze del capitale, dall'altra quelle dei lavoratori, con la promessa impossibile di conciliarle.
La vera soluzione ai paradossi
I paradossi organizzativi si risolvono facilmente quando si ha il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. Il paradosso principale è che chi produce la ricchezza non la possiede, mentre chi la possiede non la produce.
Non servono teorie manageriali fantasiose. Serve la lotta di classe, serve l'organizzazione sindacale, serve la consapevolezza che gli interessi dei lavoratori e quelli dei padroni sono strutturalmente contrapposti.
Come scriveva Marx, i filosofi hanno finora interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo. E la trasformazione non passa attraverso il Pop Management, ma attraverso l'unità del popolo sfruttato contro chi lo opprime.
Il vero paradox mindset dovrebbe essere questo: come mai accettiamo ancora un sistema che arricchisce pochi sulla pelle di molti? La risposta la conosciamo, compagni. E conosciamo anche la soluzione.