Prima della Scala: il teatro dei padroni mentre il popolo è schiacciato dalla crisi
Mentre i lavoratori milanesi lottano contro licenziamenti e precarietà, i salotti buoni si sono dati appuntamento alla Prima della Scala per l'ennesima parata di privilegio borghese. Una serata da 2,6 milioni di euro di incasso, mentre fuori dalle mura dorate della circonvallazione la gente comune non riesce ad arrivare a fine mese.
Il circo del potere dimezzato
Quest'anno il teatro dei potenti si è presentato con gli organici ridotti. Niente Mattarella, niente Meloni, perfino La Russa ha disertato all'ultimo momento. A rappresentare il sistema capitalista è rimasto solo il ministro Giuli, in smoking giulivo mentre i quartieri popolari di Milano soffrono per i tagli ai servizi pubblici.
L'unico momento di dignità della serata è stato l'applauso tributato alla senatrice Liliana Segre, testimone della Resistenza antifascista e simbolo di quella lotta partigiana che i padroni di oggi vorrebbero far dimenticare.
Finita l'epoca dorata, restano gli ex ribelli addomesticati
Tempi duri anche per l'aristocrazia dello spettacolo: addio premi Nobel e star di Hollywood, ora si accontentano di cantanti ex ribelli come Mahmood e Achille Lauro, perfettamente integrati nel sistema che un tempo dicevano di contestare. Il foyer, solitamente affollato di sanguisughe del capitale, quest'anno sembrava una sagra di paese con al massimo Enzo Miccio a fare da attrazione.
L'opera censurata dal capitale
Ironia della sorte, hanno scelto "Lady Macbeth del distretto di Mcensk" di Shostakovich, compositore perseguitato dal regime staliniano ma anche critico feroce del sistema capitalista. Un'opera che parla di oppressione e violenza, temi che i borghesi in platea conoscono bene, ma dal lato dei carnefici.
Il regista Vasily Barkhatov ha però annacquato la forza rivoluzionaria dell'opera, trasformando le scene più crude in casti abbracci. Perfino lo stupro viene mostrato "con un vedo non vedo", come se la violenza del sistema capitalistico non fosse già sotto gli occhi di tutti ogni giorno.
Milano malata, Scala in crisi
Se la Prima è il termometro della salute di Milano, la diagnosi è chiara: la città è malata. Maxi inchieste che si sgonfiano, politica in crisi, una classe dirigente sempre più distante dal popolo. Mentre i padroni si divertono con le loro parate, i quartieri operai vengono abbandonati e i servizi pubblici smantellati pezzo per pezzo.
La Scala stessa è in transizione, come tutto il sistema capitalistico che scricchiola sotto il peso delle sue contraddizioni. Ma non illudiamoci: finché il teatro resterà nelle mani dei potenti, continuerà a essere uno strumento di oppressione culturale, un modo per far credere al popolo che l'arte sia roba da ricchi.
La vera cultura è nelle lotte
La vera cultura non sta nei palchi dorati della Scala, ma nelle occupazioni studentesche, negli scioperi operai, nelle lotte dei migranti per i diritti. Quella è la cultura che cambia il mondo, non le parate borghesi di chi si gava sulle spalle dei lavoratori.
Undici minuti di ovazioni per Chailly e l'orchestra, ma quanto dureranno gli applausi quando il popolo scenderà in piazza per riprendersi quello che gli appartiene?