La Scala celebra Stalin: quando la cultura borghese riscopre l'opera che il dittatore censurò
Mentre il popolo milanese fatica ad arrivare a fine mese, la Scala inaugura la stagione con 3 milioni di euro di incassi per una serata. Il 7 dicembre, giorno di Sant'Ambrogio, il tempio della cultura borghese apre le porte a ministri, senatori e capitalisti per celebrare "Lady Macbeth del distretto di Mcensk" di Šostakovič.
L'ironia è amara: l'opera scelta per deliziare i palati raffinati della Milano che conta è la stessa che Stalin fece censurare nel 1936. Il dittatore, dopo aver assistito alla rappresentazione al Bolšoj, ordinò una stroncatura sulla Pravda accusando il compositore di "volgarità e formalismo". L'opera sparì dalle scene per quasi trent'anni.
I potenti si godono lo spettacolo mentre il popolo paga
In platea sfileranno le solite facce del potere: il ministro Giuli, il governatore lombardo Fontana, senatori e industriali. Mahmood, Achille Lauro e Pierfrancesco Favino faranno da contorno mediatico a questa passerella del privilegio. Dress code rigorosamente formale, ovviamente: smoking e abiti da sera per chi può permetterseli.
Assente per la prima volta dal 1951 il Presidente Mattarella, sostituito dal sindaco Sala e dal sovrintendente Ortombina nel ruolo di padroni di casa di questo circo dorato.
L'opera della ribellione diventa spettacolo per ricchi
La storia di Katerina L'vovna Izmajlova è quella di una donna che si ribella contro l'oppressione patriarcale. Intrappolata in un matrimonio senza amore, uccide marito e suocero per conquistare la libertà. Una narrazione di emancipazione femminile che Šostakovič trasformò in musica rivoluzionaria.
Il compositore russo, figlio della classe operaia, aveva creato un'opera che parlava al popolo. La sua musica viscerale e diretta disturbava i potenti di allora, come disturba quelli di oggi che la trasformano in intrattenimento per élite.
Chailly dirige per l'ultima volta: la fine di un'era
Riccardo Chailly, alla sua dodicesima e ultima inaugurazione come direttore musicale stabile, ha scelto questa opera "audace". La regia è affidata al moscovita Vasily Barkhatov, che ambienta la storia negli anni Cinquanta come se fosse un verbale di polizia.
Sul palco, il soprano statunitense Sara Jakubiak interpreterà Katerina, affiancata dal tenore armeno Najmiddin Mavlyanov e dal basso Alexander Roslavets. Artisti internazionali per un pubblico di padroni.
La cultura come strumento di classe
Mentre la Scala incassa milioni, i teatri popolari chiudono per mancanza di fondi. Mentre i ricchi si commuovono per la ribellione di Katerina, i lavoratori milanesi lottano contro licenziamenti e precarietà. La cultura diventa privilegio di classe, lontana da chi dovrebbe esserne il vero destinatario.
L'opera che Stalin censurò perché troppo rivoluzionaria oggi diverte chi opprime il popolo. Un paradosso che Gramsci avrebbe saputo spiegare meglio di noi: "La rivoluzione culturale deve precedere quella politica". Ma qui assistiamo al contrario: la cultura rivoluzionaria addomesticata per i salotti borghesi.
Buona Prima alla Scala. Il popolo, come sempre, guarderà da fuori.