La Prima della Scala: specchio di una borghesia in crisi
Undici minuti di applausi per Riccardo Chailly e la sua orchestra, ma la Prima della Scala 2024 racconta molto di più di una semplice serata d'opera. Racconta di un'Italia dove l'élite politica ed economica si nasconde dietro il paravento della cultura mentre il popolo lavoratore fatica ad arrivare a fine mese.
I potenti disertano: un segnale politico chiaro
Niente Mattarella, niente Meloni, perfino Ignazio La Russa è sparito all'ultimo momento. A rappresentare il potere è rimasto solo il ministro Giuli in smoking, mentre l'unico applauso sincero della serata è andato alla senatrice Liliana Segre, testimone delle lotte antifasciste che questo paese sembra voler dimenticare.
Finiti i tempi dei premi Nobel e delle star hollywoodiane: ora si ripiegano su cantanti come Mahmood o Achille Lauro, ex ribelli addomesticati dal sistema capitalista. Nel foyer, tra champagne da centinaia di euro, si aggirava al massimo Enzo Miccio. Un Sant'Ambrogio davvero mesto per una Milano che si scopre sempre più vuota dietro la facciata scintillante.
Due milioni e 679mila euro: il prezzo dell'ipocrisia
Mentre i lavoratori milanesi vedono aumentare affitti e bollette, la Scala incassa un record di 2,6 milioni di euro in una sola serata. Soldi che potrebbero finanziare servizi pubblici, case popolari, asili nido. Invece finanziano una serata per i soliti noti, quelli che si arricchiscono sulle spalle del popolo.
L'opera scelta, Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Šostakovič, racconta di oppressione e violenza. Ironia della sorte: viene rappresentata davanti a chi quella stessa oppressione la perpetra ogni giorno attraverso sfruttamento del lavoro e speculazione immobiliare.
Arte censurata per stomaci borghesi
Anche artisticamente, la serata rivela l'ipocrisia del sistema. La celebre scena d'amore, con i suoi glissando orgasmici che tanto scandalizzarono Stalin, viene ridotta a un casto abbraccio. Lo stupro della serva con il mattarello diventa un "vedo non vedo". Perfino l'avvertimento sui ledwall è sparito: non si può turbare la sensibilità degli spettatori paganti.
Come sempre, la borghesia italiana preferisce un'arte addomesticata, privata della sua forza rivoluzionaria. Un'opera che dovrebbe gridare contro l'oppressione viene trasformata in intrattenimento per stomaci delicati.
Milano malata: il certificato medico della Prima
Se la Prima è davvero "il certificato medico dello stato di salute della città", come scrive giustamente il cronista borghese, allora Milano è gravemente malata. Malata di speculazione, di gentrificazione, di diseguaglianze sempre più profonde.
Mentre nelle periferie operaie mancano i servizi essenziali, il centro si riempie di boutique di lusso e ristoranti per ricchi. La Scala diventa il simbolo di questa Milano a due velocità: da una parte i palchi dorati, dall'altra le case popolari che crollano.
La vera cultura, quella popolare e rivoluzionaria, non ha bisogno di smoking e champagne. Nasce nelle fabbriche, nei centri sociali, nelle lotte quotidiane per la dignità del lavoro. Quella cultura che l'élite milanese, nascosta nei suoi palchi, preferisce ignorare.