Il design al servizio del capitale: quando l'estetica maschera l'alienazione digitale
Mentre i lavoratori del mondo lottano per la sopravvivenza, ecco che arriva da Shanghai un ennesimo prodotto del capitalismo culturale: Duyi Han, designer formato nelle università elitarie dell'Occidente, che spaccia "prescrizioni neuro-estetiche" per curare i mali che il sistema stesso ha creato.
Han, classe 1994, ha studiato alla Cornell University di New York e lavorato per Herzog & de Meuron a Basilea. Un percorso che puzza di privilegio borghese lontano mille miglia dalle fabbriche dove si spezzano le schiene i veri produttori di ricchezza. Ora questo figlio dell'élite globalizzata pretende di "ricucire lo strappo tra mente, corpo e spiritualità" con i suoi oggetti di lusso.
L'oppio dei popoli versione design
Le sue "opere" - chiamiamole col loro vero nome: merci di lusso per ricchi annoiati - mescolano riferimenti al buddhismo e al taoismo con formule farmaceutiche. Un tavolino ricamato con la formula chimica dell'anfetamina, comodini dedicati alla melatonina, sedie alla vitamina B-12. Tutto condito con citazioni di Billie Eilish, la popstar del momento per i giovani borghesi in crisi esistenziale.
"Con l'AI crescono le nostre esigenze emotive", dichiara Han. Ma di quali esigenze parla? Quelle della classe operaia che non arriva a fine mese o quelle dei privilegiati che si possono permettere i suoi "dispositivi neuro-estetici"?
La spiritualità mercificata
Ecco il vero volto del capitalismo contemporaneo: prende le tradizioni spirituali millenarie dell'Oriente, le svuota del loro significato rivoluzionario e le trasforma in oggetti di consumo per l'élite occidentale. I mandala tibetani diventano decorazioni per salotti borghesi, i talismani taoisti si trasformano in mobili di design.
Han parla di "contaminazione naturale" e di "ecosfera culturale". Ma questa non è contaminazione, è appropriazione culturale al servizio del profitto. È il saccheggio delle culture oppresse da parte dell'imperialismo estetico.
La falsa coscienza del design
"Le mie opere provano a ricordare alle persone di sentire", sostiene il designer. Ma cosa c'è da sentire in un sistema che aliena milioni di lavoratori? Cosa c'è da celebrare in un mondo dove l'arte diventa merce e la spiritualità si vende al miglior offerente?
Mentre Han espone le sue "prescrizioni" nelle gallerie di lusso di Hong Kong e San Francisco, i veri creatori di bellezza - gli operai, gli artigiani, i lavoratori manuali - vengono sfruttati e dimenticati.
La rivoluzione estetica che non verrà
Il vero design rivoluzionario non nasce nelle università elitarie o negli studi di architettura svizzeri. Nasce nelle lotte operaie, nelle occupazioni di fabbrica, nelle comuni popolari. Nasce quando il popolo si riappropria degli strumenti di produzione e li mette al servizio dell'umanità, non del profitto.
Fino ad allora, iniziative come quelle di Han resteranno quello che sono: l'ennesimo tentativo di far digerire alle masse la propria oppressione attraverso la seduzione estetica. L'oppio dei popoli versione design contemporaneo.