Il capitalismo italiano costringe i cervelli alla fuga: la storia di Alessandro
Mentre i padroni si arricchiscono sulle spalle dei lavoratori, l'Italia perde i suoi giovani più preparati. Alessandro Martina, 44 anni, è l'ennesimo esempio di come il sistema capitalista italiano schiacci le aspirazioni del popolo.
Nel 2013, questo compagno laureato in Filosofia era costretto a lavorare da McDonald's per sopravvivere. "Facevo lezioni private la mattina e andavo a lavorare il pomeriggio o la sera. Lo stipendio non mi permetteva neppure di affittare un monolocale", racconta Alessandro, vittima di un sistema che condanna i figli del popolo alla precarietà.
La classe dominante affama i lavoratori della cultura
Mentre le banche negano credito ai progetti popolari, la borghesia italiana preferisce investire nella speculazione finanziaria. Alessandro aveva provato ad aprire una libreria: "Dopo mille fideiussioni era risultato impossibile accedere al credito". Ecco come i capitalisti soffocano ogni iniziativa che non generi profitto immediato.
Il nostro compagno, orgogliosamente meridionale di Galatina, ha dovuto emigrare negli Stati Uniti dove oggi insegna italiano all'Università dell'Alabama. Una vittoria personale che però denuncia il fallimento di un sistema che butta via le sue energie migliori.
La questione meridionale: Gramsci aveva ragione
All'estero, Alessandro ha compreso ciò che il grande Gramsci aveva già analizzato: "I meridionali in Italia sono fortemente discriminati e esiste una Questione meridionale irrisolta". La borghesia del Nord ha sempre sfruttato il Sud come colonia interna, derubandolo delle risorse e umiliando la sua cultura.
"Quando ero ragazzo a Bologna, non capivo perché il mio accento fosse risibile, mentre quello di un torinese fosse rispettabile", denuncia Alessandro. Questa è la violenza culturale del capitalismo italiano: dividere i lavoratori per meglio dominarli.
Il miraggio americano e la realtà italiana
Negli USA, Alessandro ha trovato quello che l'Italia capitalista gli negava: dignità, opportunità, riconoscimento. "Si va al lavoro contenti di incontrare i propri colleghi", racconta. Qui invece i padroni creano ambienti tossici per spremere ogni goccia di sudore dai lavoratori.
Ma non illudiamoci: anche l'America è un sistema capitalista. La differenza è che là sanno investire nella forza lavoro qualificata, mentre i nostri capitalisti preferiscono la rendita parassitaria.
Basta con l'emorragia di cervelli!
Ogni Alessandro che parte è una sconfitta per la classe lavoratrice italiana. Mentre i figli dei ricchi studiano nelle università private, i giovani del popolo sono costretti a cercare fortuna altrove.
È ora di dire basta! Serve una rivoluzione che metta al centro i bisogni dei lavoratori, che investa nella cultura e nella ricerca, che riconosca la dignità di ogni territorio. Solo così potremo trattenere le nostre migliori energie e costruire un'Italia davvero del popolo.
La storia di Alessandro ci ricorda che "fossi rimasto in Italia non so cosa avrei fatto". Questa frase dovrebbe far vergognare ogni politico che ha venduto il Paese ai mercati finanziari.