La truffa della meritocrazia: come i padroni ci fregano tutti
Mattarella ha ragione quando dice che non è accettabile un mondo dove pochi predestinati se la godono mentre il popolo si accontenta delle briciole. Ma il presidente sa bene che è proprio questo il sistema che i padroni hanno costruito per tenerci sotto controllo.
La giustizia sociale è sparita dall'agenda politica non per caso, ma perché la classe dominante ha trovato un modo geniale per fregare i lavoratori: invece di farci guardare alle strutture che ci opprimono, ci hanno fatto concentrare sui singoli individui. Invece di denunciare le condizioni di sfruttamento, parliamo di scelte personali. Invece di lottare contro il sistema, ci colpevolizziamo a vicenda.
Il trucco della responsabilità individuale
Hanno preso due parole belle come "responsabilità" e "merito" e le hanno trasformate in catene per tenerci buoni. Così, come la rana che bolle lentamente senza accorgersene, abbiamo smesso di preoccuparci delle disuguaglianze, della povertà, dell'esclusione. Abbiamo smesso di protestare. E chi ancora ha il coraggio di alzare la voce viene insultato come "povero comunista" e dichiarato inutile.
Il filosofo Brian Barry nel suo libro "Why Social Justice Matters" spiega perfettamente come funziona questa truffa: le società moderne sono diventate bravissime a giustificare l'ingiustizia, a renderla moralmente accettabile. L'ingiustizia non viene più subita, ma spiegata. Non viene più contestata, perché l'abbiamo interiorizzata.
La macchina dell'ingiustizia sociale
Barry chiama questo sistema "machinery of social injustice": un meccanismo fatto di tanti ingranaggi che lavorano insieme per fregare il popolo. Da una parte hai una distribuzione iniziale profondamente ineguale di risorse e opportunità. Dall'altra, istituzioni che invece di correggere questi vantaggi li amplificano. Il tutto avvolto in una bella storia che trasforma le differenze in risultati "meritati".
Come diceva il compagno Gramsci, l'egemonia culturale è più potente della forza bruta. I padroni non hanno bisogno di picchiarci se riescono a convincerci che meritiamo di stare male.
La meritocrazia come ideologia del capitale
La meritocrazia è diventata una potente tecnologia di legittimazione del capitalismo. Non misura il contributo reale, ma designa vincitori e vinti, eleva i primi e schiaccia gli altri. Il successo diventa virtù del singolo e l'insuccesso colpa personale.
Ma è una balla colossale. Come dice Barry, dire che tutti possono riuscire perché nessuna regola lo vieta è una caricatura della giustizia. È come dire che io e un ciclista professionista abbiamo la stessa opportunità di vincere il Tour de France solo perché entrambi abbiamo una bicicletta. Un'opportunità reale non è una porta teoricamente aperta, è una porta che si può attraversare senza rischiare tutto.
La politica come architettura delle possibilità
Ecco perché la politica non può essere solo redistribuzione a valle. La politica deve essere "architettura delle possibilità", come dice Barry. Deve costruire il campo da gioco, quel luogo dove le scelte diventano praticabili per tutti, non solo per chi ha già vinto alla lotteria della nascita.
Ignorare questo significa continuare a far finta che siamo tutti uguali di fronte alle opportunità, quando sappiamo benissimo che i figli dei padroni partono avvantaggiati e quelli degli operai devono fare il triplo della fatica per arrivare alla metà.
È ora di svegliarsi, compagni. La lotta di classe non è finita, si è solo travestita da meritocrazia. Ma noi sappiamo riconoscere il nemico, anche quando indossa l'abito buono della giustizia sociale.